Case History
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Gender gap in Italia: la lunga strada verso la parità di genere
Fatemi andare un po’ controcorrente in questo post. Assisto a numerosi eventi organizzati dal sistema associativo e da anni la messa cantata è sempre la stessa. Manca il capitale umano, un’assunzione su tre è difficile per assenza di candidati o di competenze, in Italia non vuole lavorare nessuno, la scuola non forma adeguatamente.
In effetti, nel secondo semestre di quest’anno erano previste 1,3 milioni di assunzioni con un incremento della domanda lavorativa pari al 16,3% in più rispetto all’anno precedente, ma per la difficoltà di reperimento - che si attesta al 47,4% delle assunzioni previste - l’obiettivo rimane ancora lontano. Ciò che è sicuro e fa ancora notizia è che in Italia si assuma.
Ma il cahiers de doléances è comunque ancora lungo. Il sistema ITS non funziona, con poco più di 20 mila allievi rispetto ai 900 mila della Germania riesce a sfornare poco più di 2600 diplomati all’anno, i laureati in discipline STEM in Italia sono l’1,4% dei laureati, rispetto al 37% della Cina, il 21% dell’India e il 4,5% degli USA. E ancora, le ragazze che frequentano un corso di laurea nelle cosiddette materie Stem (science, technology, engineering and mathematics) sono solo il 14,5% di quelle che frequentano un corso di studi universitario, e comunque sempre al di sotto della misera media europea del 26%.
E in fondo la ciliegina sulla torta, il fenomeno dei NEET, che ha colpito nel nostro Paese più di 2 milioni di giovani, rendendo l’Italia la nazione con la più alta incidenza in Europa. Circa un giovane su 3 non lavora, non cerca un impiego, non frequenta una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale. Numeri confermati anche dalla Commissione Europea che relativamente al caso Italia rileva un 23,3% dei giovani compresi tra i 15 e i 29 anni in queste condizioni.
C’è però un fenomeno che mi ha portato a riflettere, la Great Resignation, ovvero la tendenza di un notevole numero di persone a cambiare posto di lavoro o a stravolgere la loro vita professionale. Sembrava un segnale passeggero limitato al mondo anglosassone e invece ha coinvolto anche l’Italia dove si registrano circa 1,6 milioni di dimissioni volontarie nel 2022, il 22% in più rispetto all’anno precedente. Un dato impressionante, vero? E allora oltre alle responsabilità politiche per una scuola che funziona a scartamento ridotto, i territori poco attrattivi, la cultura delle famiglie in cui è radicato il motto “prima studi e poi lavori”, che tende a far posticipare l’incontro con il mercato del lavoro con il risultato che nel nostro Paese appena il 4,4% di under 25 studia e ha un contatto con le imprese contro il 36,8% della Germania, qualche colpa devono pur averla anche le imprese.
A questo punto credo che sia arrivato il momento, anche per noi imprenditori, di fare una seria riflessione. Qual è per noi la vera sfida nei prossimi anni? Fatta eccezione per l’innovazione che è un mantra costante, è quella di attrarre talenti e fare in modo che non se ne vadano, riconoscere, difendere e promuovere il loro valore.
Ma come si fa? Diventa fondamentale costruire una cultura aziendale condivisa, fare propri comportamenti responsabili e sostenibili. Non è una questione di retribuzione, di auto o telefonino, ma di avere un contesto lavorativo che si preoccupa della salute mentale e del benessere sociale del proprio dipendente, e parallelamente ha la capacità di creare una crescita professionale del capitale umano.
Insomma reskilling (imparare nuove competenze) e upskilling (migliorare quelle già presenti), career path, talent management, programmi di potenziamento della leadership, sono termini che dovranno sempre di più permeare lessico e cultura delle nostre aziende. Solo così riusciremo a rafforzare le imprese e renderle più forti ai cambiamenti. Allineando l’operatività alle competenze dei dipendenti concorreremo inoltre a renderle più produttive, attraendo l’interesse di nuovi talenti e riuscendo a trattenerli, e a raggiungere l’eccellenza in tutti gli aspetti della gestione aziendale.
L’istruzione deve tornare al centro dell'attenzione pubblica e sociale soprattutto in questi anni post-pandemia. Oggi più che mai, investire in istruzione e formazione è un elemento chiave per l'individuo, uno strumento fondamentale per raggiungere una piena cittadinanza socio-economica. Rispettando l'insegnamento di Adriano Olivetti, che vedeva nel valore dell'individuo e dell'educazione un vero e proprio paradigma di crescita, dobbiamo puntare ad una visione olistica e centrata sull'umano per forgiare il futuro della formazione e della consulenza.
Il ruolo della cultura nelle attività produttive sarà sempre più importante e si trasformerà nei prossimi anni. Le aziende dovranno sempre di più investire in formazione auto-organizzata, promuovere l’auto apprendimento e stimolare la capacità e la mentalità per trasformare le competenze dei team. Le persone apprenderanno di volta in volta nuove competenze in base ai progetti da affrontare. Sarà sempre più importante avere un metodo per potersi muovere nella cultura aziendale e farla evolvere, intraprendendo in autonomia percorsi di crescita su misura.
In Fòrema tutto questo lo abbiamo ben compreso e in questi 40 anni di attività abbiamo vissuto profonde trasformazioni, sociali, politiche, industriali, culturali. Ma siamo ancora qui pronti a questa ennesima sfida che porterà a un profondo cambio di paradigma. Siamo attrezzati ad accompagnare le nostre imprese ad affrontare la complessità delle nuove forme di smart working e adesso quelle che inevitabilmente porterà l'intelligenza artificiale.
Il costante e continuo impegno per anticipare i tempi e fornire agli imprenditori ciò che cercano nei loro lavoratori è la cifra del nostro mandato. Il mio impegno come presidente - e qui concludo - sarà quello di promuovere un nuovo approccio alla formazione che integri le esperienze tecnologiche del recente periodo, valorizzando le competenze digitali e la flessibilità dei percorsi di apprendimento online, ma allo stesso tempo riconoscendo l'importanza della socializzazione e delle relazioni interpersonali nel contesto educativo.
Vi aspetto tutti al teatro Verdi il 30 di questo mese per festeggiare insieme agli attori della Compagnia dei Barabao i nostri primi 40 anni, con l’augurio di poter essere ancora protagonisti nella trasformazione socio-economica di questo straordinario territorio.