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In questi giorni di difficoltà, legati all’emergenza coronavirus, lo Smart Working è tornato prepotentemente alla ribalta. Grazie anche alla procedura semplificata introdotta per decreto del Presidente del Consiglio, molte Aziende, anche di piccole dimensioni, stanno adottando questa modalità di lavoro, subordinato ed agile allo stesso tempo.
Una modalità che, come definito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è caratterizzata “dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
Una modalità che funziona, come confermano i risultati dello studio “Smart-Working: Work flexibility without contstraints”, condotto dall’Università Bocconi di Milano, che ha messo a confronto due team di una stessa azienda. Il primo ha lavorato in modo tradizionale, il secondo in modalità agile. Dopo nove mesi di osservazioni e analisi, le evidenze hanno premiato il secondo team: clima migliore, aumento della concentrazione, riduzione dello stress. Ma anche un netto miglioramento della performance. In tal senso, l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano stima un incremento di produttività del 15% per lavoratore e una riduzione del tasso di assenteismo pari al 20%.
Ma attenzione: l’adozione dello Smart Working dev’essere considerata un vero e proprio progetto strategico, con obiettivi allineati con quelli del business. In caso contrario i rischi di mettere in piedi un meccanismo inefficace e insostenibile sono elevati. Ciò presuppone, per il management, un’attenta valutazione degli impatti a livello relazionale, organizzativo, tecnologico e la definizione di una roadmap con le azioni da mettere a terra. Perché lavoro smart merita un progetto altrettanto smart!