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Che si tratti di un impianto industriale o di un ufficio R&D, il livello di innovazione di un’azienda influenza la sua attrattività. L’indice Tech Magnet Score (TMS) elaborato da Fòrema valuta quanta AI, IoT, robotica, visione artificiale e cybersecurity vengono usate in azienda. La media del campione è 56/100; le imprese “digital-mature” (TMS ≥ 70) raggiungono 72/100, mentre quelle tradizionali si fermano a 38/100. Le tecnologie più diffuse sono la cybersecurity OT/IT (53 % di adozione avanzata), il IoT/edge (34 %), la visione artificiale (27 %), i robot collaborativi (26 %) e la GenAI in ufficio (22 %).
Perché questo dato interessa agli HR? Perché le aziende con un TMS alto registrano un +14 % di probabilità che i candidati accettino l’offerta. Inoltre, secondo Deloitte, il 73 % della Gen Z italiana ritiene che la GenAI migliori il work-life balance e il 71 % la qualità del lavoro. Eppure, solo un terzo delle aziende nordestine valorizza l’aspetto tecnologico nelle proprie job description. Il rischio è doppio: perdere i talenti più qualificati e rimanere in coda alla trasformazione digitale.
Un’indagine Delta Index-Great Place to Work evidenzia che il 40 % dei lavoratori italiani (con Gen Z in testa) pianifica di cambiare azienda entro un anno. Tra le motivazioni emergono il desiderio di lavorare con tecnologie moderne e la mancanza di sense-of-belonging. Gli HR possono invertire questa tendenza investendo in progetti di AI applicata (manutenzione predittiva, data fabric, co-bot) e creando percorsi di upskilling: il 75 % dei giovani italiani dichiara di aver imparato a usare l’AI da autodidatta, ma solo l’11 % ha ricevuto formazione formale. Offrire programmi di micro-credential su AI, cloud e cybersecurity, in partnership con ITS e università, può diventare una leva di retention potente e sostenibile.
Tutti i dati e i trend nel report completo “Giovani, Tecnologia e Mismatch nel Nordest”: